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Fondazione Monsignor Del-Pietro

Regolamento per la consultazione dei documenti dell’archivio dell’OCST depositato all’Archivio di Stato del Cantone Ticino

In base all’art. 4 della Convenzione stabilita a partire dal 1° marzo 2012, l’Archivio di Stato del Cantone Ticino (in seguito ASTi) e l’OCST hanno concordato il seguente regolamento per la consultazione dei documenti conservati nell’archivio dell’OCST:


1. Per la consultazione dei documenti valgono in generale le norme relative ai vincoli di conservazione ed alla riproduzione stabilite dal Regolamento per la consultazione dei materiali d’archivio dell’ASTi qui allegato.

2. La consultazione dei documenti conservati nell'archivio dell'OCST può tuttavia avvenire solo con l'autorizzazione del Segretariato cantonale dell'OCST. La richiesta, con menzione dei motivi della ricerca, deve essere indirizzata tramite il formulario online  oppure, in forma scritta, al Segretariato cantonale dell'OCST (Via Serafino Balestra 19, 6900 Lugano), indicando nome, cognome, e-mail, indirizzo e motivi della ricerca.

4. È fissato in generale un termine di protezione di 35 anni, calcolato a partire dalla data dell’ultimo documento, in senso cronologico, di un fascicolo o di una scatola. Questo significa che, dall’entrata in vigore di questo Regolamento, i ricercatori potranno consultare liberamente la documentazione la cui data non deve essere posteriore al 1977. l’ASTi si riserva tuttavia di limitare o vietare la consultazione di documenti potenzialmente lesivi della dignità personale o del diritto alla privacy, nonché degli incarti giudiziari conservati nell’archivio.

5. I ricercatori si assumono in ogni caso la piena responsabilità – in particolare per quanto concerne la protezione della privacy, ai sensi dell’art. 28 CC – per qualsiasi uso fatto delle loro ricerche.

6. I ricercatori si impegnano a consegnare spontaneamente, sia all’ASTi sia all’OCST, un esemplare della propria ricerca (edita o inedita), scaturita dalla consultazione dei documenti dell’archivio dell’OCST.

7. Al fine di accedere in qualsiasi modo all’archivio dell’OCST, è vincolante il rispetto di questo Regolamento. Per qualsiasi pendenza dovesse sorgere tra l’ASTI e l’OCST, il foro giudiziario competente è la Pretura distrettuale di Bellinzona.

>>Regolamento ASTi

Il Consiglio di fondazione è composto da:

- Alberto Gandolla, presidente

- Romano Rossi, membro

- Renato Ricciardi, segretario

 

Per maggiori informazioni contattare>> Fondazione Monsignor Del-Pietro.

A cura di: Alberto Gandolla

Storia OCST

Il Ticino all’inizio del Novecento

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Cento anni fa il nostro cantone è soprattutto agricolo, molte persone abitano ancora nelle campagne e nelle valli e vi è una forte emigrazione. E’ in ritardo rispetto al buon sviluppo industriale dei principali centri svizzeri e condivide piuttosto l’incerta e timida modernizzazione di altre regioni alpine simili, come il Vallese o la Valtellina. La costruzione della linea del San Gottardo, aperta nel 1882, accende molte speranze e infatti sorgono alcuni nuovi settori artigianali e industriali ed  inizia anche il turismo. 

 Il Ticino, a lungo terra periferica ed emarginata, comincia lentamente a muoversi. L’emigrazione oltremare, forte nella seconda metà dell’Ottocento, diminuisce;  nel cantone vi sono ormai molti lavoratori stranieri, ma ogni anni alcune migliaia di ticinesi, muratori e manovali, si recano ancora a “fare la stagione” nelle città della Svizzera interna.  L’impatto della ferrovia è importante e lungo il suo asse inizia a formarsi una certa urbanizzazione. Si aprono alcune industrie a Bodio e Giornico, si sviluppano qualche fabbrica di tabacco, di alimentari, di abbigliamento, del legno; l’industria del granito per un po’ di tempo è importante. Nel 1902 il Ticino conta 154 fabbriche con circa 5000 operai. Nel 1910 nel cantone abitano 156mila persone, Lugano ha 15mila abitanti,  i numerosi stranieri (44mila persone) sono italiani (41mila), le persone attive sono 80mila, così ripartite: 33mila nell’agricoltura, 25mila nei vari rami artigianali e nelle (ancora poche) industrie, 21 mila nei vari servizi. L’agricoltura è ormai in declino e negli anni Trenta sarà definitivamente sorpassata dal secondario e dai servizi.

Dal punto di vista politico il cantone conosce degli importanti cambiamenti. Nel corso dell’Ottocento le dure lotte tra conservatori e liberali avevano prodotto anche varie “rivoluzioni”, cioè bruschi cambiamenti di regimi. Il Consiglio Federale si preoccupa e infatti, dopo l’ultimo colpo di stato del 1890, quando i radicali rovesciano il governo conservatore, Berna impone che i ticinesi imparino a “governare insieme”. Comincia così un periodo di transizione, in cui i ticinesi devono imparare ad avere un governo misto, e subito dopo si applica un meccanismo elettorale di tipo proporzionale. Il cantone diventa così un pioniere del modello consociativo e in pochi anni si passa da un bipartitismo a un multipartitismo. Nel 1922 vi è una nuova forma di governo e con la “formula Cattori” si stabilisce che un partito non può avere la maggioranza assoluta in governo se non l’ha ottenuta nelle elezioni. La collaborazione diventa inevitabile e si forma un “governo di paese” formato da un conservatore, un agrario (fino al ’27, sarà poi sostituito da un conservatore), un socialista e due liberali all’opposizione. Questo nuovo governo deve affrontare i gravi problemi economici e sociali del dopoguerra.

La nascita e lo sviluppo dei primi sindacati in Ticino

L’economia rurale e il modo di vita a lungo pre-industriale del Ticino non favorisce certo la costituzione dei sindacati. Le prime piccole organizzazioni sono delle società o circoli operai a Bellinzona e a Lugano negli anni ’50 dell’Ottocento, basati  sui principi democratici e su vaghi ideali di riforma sociale. Nel decennio seguente si formano delle società di mutuo soccorso fra i tipografi, i docenti, ecc.; segue poi la nascita di varie cooperative di consumo. La prima occasione di concentrazione operaia di rilievo si manifesta  con la costruzione negli anni Settanta della ferrovia del San Gottardo, caratterizzata da condizioni lavorative molto difficili; gli operai sono soprattutto piemontesi, lombardi e veneti.

Durante questo periodo  avvengono alcuni primi scioperi, svolti per protestare contro le basse paghe.  I lavori della Gotthardbahn  finiscono e di seguito iniziano i primi tentativi di formare delle organizzazioni operaie. Questi tentativi sono opera sia degli immigrati italiani che di migranti ticinesi, a contatto con realtà sociali più avanzate. L’ispirazione ideologica di queste associazioni è il socialismo, nelle sue varie forme - le menti organizzative sono i rifugiati politici, i socialisti in esilio -  ma l’unità fra lavoratori ticinesi e italiani si dimostra difficile e infatti ben presto prendono forma delle distinte associazioni politiche: i primi tentativi di organizzare il Partito Socialista Ticinese (nasce poi nel 1900) e le sezioni del Partito Socialista Italiano in Svizzera.

Per quello che riguarda i sindacati, i primi sono quelli formati dalle professioni più specializzate, dai tipografi, dai postini e dai ferrovieri, e spesso mantengono una visione piuttosto corporativa, da “aristocrazia operaia”.

All’origine del movimento operaio organizzato si possono ritenere piuttosto i lavoratori della costruzione e gli scalpellini. La prima celebrazione della festa del lavoro, giornata di sciopero e propaganda per le otto ore lavorative, si tiene a Lugano il primo maggio 1891. Sono anni difficili: l’orario di lavoro è alto, le paghe basse, il padronato è normalmente molto ostile alle rivendicazioni operaie, usa l’intimidazione, la rappresaglia e in caso di agitazioni chiede anche l’aiuto militare; la manodopera femminile sfugge all’organizzazione e il lavoro minorile è di regola tollerato.

Nel 1902 si costituisce la Camera del lavoro (CdL), unione di varie sezioni sindacali già esistenti. Due anni dopo il Gran Consiglio elabora una Legge sul lavoro; la CdL viene riconosciuta, riceve un sussidio e l’incarico ufficiale di osservare e controllare le leggi e i regolamenti tramite un segretariato del lavoro. Così l’organismo sindacale è subito composto da due anime: quello rivendicativo, di lotta sociale ed economica per il promovimento dei lavoratori e quello dell’assistenza, di controllo, di pacificazione dei conflitti. Per il cartello sindacale di sinistra inizia così a cambiare il “ruolo” dello Stato: da espressione della borghesia viene considerato sempre di più come un ente al di sopra delle parti; la funzione arbitrale dello Stato sarà rafforzata nel 1918 con la creazione dell’Ufficio cantonale di conciliazione. Segretario sindacale è dal 1907 Guglielmo Canevascini, che nel 1922 diventerà il primo consigliere di Stato socialista. Inizia lentamente la lotta per cercare di passare dalla contrattazione individuale a quella collettiva, che possa assicurare anche il diritto per il sindacato si essere presente in fabbrica.

I lenti miglioramenti sociali sono interrotti nel 1914: il fallimento delle banche ticinesi trascinano nell’insolvenza le industrie, e lo scoppio della prima guerra mondiale inaugura un periodo molto difficile; il lavoro sindacale per vario tempo quasi si arresta.

La nascita del primo movimento sindacale cristiano-sociale

Nel 1891 papa Leone XIII pubblica l’enciclica Rerum Novarum, la prima indirizzata alla questione sociale. In Ticino, dove pure vi erano molte opere educative, di carità ed assistenziali legate all’iniziativa del mondo cattolico, l’appello ha poca eco: i dirigenti conservatori sono più preoccupati dalle questioni politiche, e del resto lo stesso sviluppo economico del cantone era appena gli inizi. Fu grazie al giornale Il Patriota Ticinese, apparso a Locarno dal 1894 al ’99 e diretto da Giuseppe Mondada, che il Ticino cattolico può conoscere i nuovi temi sociali del magistero della Chiesa e anche l’attività delle società cattoliche della Svizzera interna che si occupano di queste questioni.

Il vescovo mons. Molo  a due riprese parla ufficialmente del problema sociale: nella lettera per la quaresima del 1897 e nella lettera pastorale del febbraio 1902. In esse  vi è una dura condanna del socialismo e delle sue organizzazioni e, soprattutto nella seconda, vi è anche un richiamo alla costituzione positiva di associazioni cattoliche. L’appello è raccolto da alcuni giovani sacerdoti - don Luigi Simona (1874-1968), don Carlo Roggero (1868-193) -  che, con altre persone,  fondano nel 1902 a Locarno un Circolo di studi politico-sociali. Il circolo si interessa  e partecipa alla vita sociale cantonale, ma ben presto entra in una  crisi interna: don Simona si schiera a favore di un’organizzazione neutra e della collaborazione con la CdL e i socialisti, mentre don Roggero appoggia il progetto dell’episcopato svizzero, favorevole a un’impostazione autonoma e con un preciso riferimento alle idee sociali della Chiesa. Questo dibattito si svolge  anche a livello nazionale: i nascenti sindacati cristiano-sociali (il primo era sorto nel 1899 a San Gallo)  possono inserirsi negli organismi sindacali ufficialmente neutri, dal punto di vista politico e religioso - ma guidati da noti socialisti, spesso antireligiosi e anticattolici -  dell’Unione Sindacale Svizzera (USS) o della CdL, o è meglio che diano vita a sindacati cattolici indipendenti? La tendenza vincente è quest’ultima, e del resto l’USS nel 1906 inserisce nei suoi statuti la “lotta di classe”.

L’anno seguente si costituisce la prima organizzazione mantello nazionale, la Federazione svizzera dei sindacati cristiano-sociali. Don Simona abbandona l’impegno sociale, mentre invece don Roggero si butta nel tentativo di dar vita ai primi sindacati cristiano-sociali.

A partire dal 1902-1903 nascono così in Ticino le prime Leghe Operaie Cattoliche (LOC). All’inizio sorgono fra gli scalpellini e muratori della Leventina, Riviera e Verzasca (la prima Lega stabile è quella degli scalpellini di Brione Verzasca del 1903), seguono altre attestate nel Locarnese e nel Piano di Magadino. Nel 1905 il movimento tiene la sua prima festa cantonale, inaugurando un bel vessillo, mentre l’anno dopo don Roggero apre a Locarno un primo segretariato stabile, chiamato Bureau Popolare, ed edita anche un bollettino, che l’anno seguente diventa La Gazzetta del Lavoratore. Il movimento leghista ha come scopo il miglioramento religioso, morale e materiale dei lavoratori e vuole soprattutto costituire un luogo di educazione alla fede cristiana per i cattolici che, nel mondo del lavoro, rischiano di perdere la loro religiosità  o di essere attratti dalle accattivanti idee socialiste. Le preoccupazioni di carattere morale di fatto risultano prevalenti rispetto a quelle riguardanti le rivendicazioni sindacali. Oltre alle sezioni operaie maschili e femminili vi sono leghe agrarie e dal 1906 vi è l’attività di una Cassa di Mutuo soccorso, affiliata poi alla Cassa centrale cristiano-sociale svizzera.  Restie a condurre agitazioni e scioperi, le LOC appoggiano le leggi di miglioramento sociale del tempo, ma non riescono veramente a diffondersi e  non superano mai il mezzo migliaio di aderenti; non riusciranno mai ad ottenere dei sussidi pubblici. Il movimento operaio organizzato fino alla prima guerra mondiale è saldamente monopolizzato dalla CdL e dalle sue federazioni sindacali.

La nascita dell’OCST

La prima guerra mondiale costituisce un duro colpo allo sviluppo dei sindacati anche in Ticino. Solo nel 1916-17 si assiste a una ripresa dell’attività sindacale, legata alla volontà di opporsi al peggioramento della situazione alimentare e al rincaro crescente; riprendono le agitazioni operaie. Non è però tempo di azioni comuni: quando, per esempio, la LOC di Locarno organizza nel 1917 un comizio contro il rincaro e gli speculatori, i socialisti intervengono con veemenza accusandola di “copiare” la CdL per motivi di propaganda. La situazione sociale peggiora rapidamente e si inizia a parlare di “sciopero generale”. La Federazione cristiano-sociale svizzera lancia un appello preoccupato: occorrono certo decise riforme sociali, ma non lo sciopero generale e la rivoluzione  (in Russia Lenin aveva appena preso il potere). A Lugano nell’estate del 1918 il malcontento popolare sfocia in un breve sciopero generale, portato avanti dalla CdL e dai socialisti, che spaventa molto gli ambienti borghesi e nazionali.

La Gazzetta del Lavoratore afferma la necessità di migliorare la condizione degli operai, ma non può accettare un metodo basato sulla lotta di classe. Nel novembre successivo vi è poi il grande sciopero generale nelle principali città svizzere, guidato da dirigenti dell’USS e del partito socialista; le rivendicazioni sono sociali e politiche, radicali ma non rivoluzionarie; i cristiano-sociali svizzeri, pur propugnando energiche riforme, si schierano contro lo sciopero, sentito come estremista nei metodi. Questi  ultimi avvenimenti risultano traumatici anche per i cristiano-sociali ticinesi e rafforzano il convincimento che occorre passare da un movimento leghista solidaristico-mutualistico a un’organizzazione rivendicativa di carattere propriamente sindacale. Nei mesi seguenti si intensifica il dibattito interno, anche autocritico (si è tanto lavorato per il bene religioso, troppo poco per quello materiale): necessitano vere riforme sociali, la costituzione di sindacati professionali, è importante che i cattolici escano dai sindacati “rossi” e rimangano attaccati alla dottrina sociale della Chiesa, ecc.

Dopo vari incontri il 18 maggio 1919 a Bellinzona vi è un congresso generale di tutte le forze cristiano-sociali del cantone: LOC, gruppi locali già attivi – come quello di Bellinzona – sindacati in via di costituzione, ecc. . “Detta giornata dovrà segnare una data storica negli annali del nostro movimento”, viene indicato nella presentazione del congresso. Vi sono molti interventi, vi è un po’ di confusione terminologica (uno degli interventi inneggia alla lotta di classe basata sulla giustizia e carità, suscitando proteste fra i convenuti: quel termine lasciamolo ai socialisti!), alla fine vi è chiara la volontà di fare un salto di qualità e di costituire un nuovo sindacato unitario, mentre le LOC possono continuare ad esistere (le ultime si scioglieranno a metà degli anni Trenta).

Nasce così l’Organizzazione cristiano-sociale del canton Ticino, con Mario Ferretti come primo segretario provvisorio e Giuseppe Respini come primo provvisorio presidente del comitato cantonale. Nelle settimane successive la Gazzetta del lavoro con scritti soprattutto di don Roggero (il vero pioniere della prima fase del movimento cristiano-sociale in Ticino)  cerca di precisare le linee direttive, come il nuovo sindacato non dipenda dall’Unione Popolare Cattolico (la futura Azione Cattolica), il fatto che sia autonoma dal Partito Conservatore, perché sia sbagliato definire “socialisti cristiani” i cristiano-sociali, ecc. Inizia la fondazione di primi piccoli sindacati edili, metallurgici, di scalpellini  e anche femminili (operaie di fabbrica, sarte, impiegate e commesse,…).

La CdL segue con una certa preoccupazione questo nuovo attivismo e infatti in occasione di un comizio popolare indetto a Lugano il 14 settembre da parte dei cristiano-sociali vari aderenti socialisti e lo stesso Canevascini intervengono in forza, paralizzando l’incontro. Il 16 novembre vi è poi una prima importante assemblea dei delegati del nuovo movimento. Vengono approvati gli statuti sociali, è costituito un nuovo comitato con Nicola Locarnini come presidente, si conferma la nascita di un nuovo giornale, Il Lavoro, che sostituirà la vecchia Gazzetta del Lavoratore. Il 9 gennaio del 1920 esce in fatti il primo numero del nuovo giornale, e nel maggio seguente arriva dalla Svizzera tedesca Fridolino Oeschger, stipendiato dalla centrale di San Gallo, che diventa segretario sindacale a tempo pieno; il centro del movimento diventa Bellinzona. Viene aperto anche un segretariato dei sindacati femminili, guidato dalla signorina Aurelia Cappello; le lavoratrici costituiscono subito infatti una buona parte del totale degli aderenti.

I difficili primi anni del nuovo sindacato cristiano-sociale

Il nuovo segretario cantonale ha così il vantaggio di avere dei buoni legami con la Svizzera interna, ma deve imparare a conoscere la realtà ticinese. Le ambizioni del nuovo sindacato sono considerevoli: costituire una precisa presenza nel campo sociale ed economico nel cantone a partire dai principi cristiano-sociali (solidarietà, giustizia, ricerca del bene comune, sussidiarietà, volontà di dialogo con il mondo padronale), mettendosi in concorrenza con le più organizzate ed anzi egemoni federazioni della Camera del lavoro.

Il contrasto e l’antagonismo con quest’ultima diventano subito molto forti. I socialisti accusano l’OCST di dividere il fronte operaio e di essere un sindacato “morbido”, troppo filo-padronale (i cristiano-sociali all’inizio sono molto prudenti nelle agitazioni e nella partecipazione agli scioperi). I dirigenti cristiano-sociali giustificano la loro presenza con l’impossibilità per i lavoratori cristiani, e anche per molti altri, di far parte di organizzazioni solo apparentemente ”neutre”, ma di fatto guidate spesso da marxisti notoriamente atei e anticlericali; non è una divisione dei lavoratori, è un nuovo fronte operaio. Il vescovo mons. Aurelio Bacciarini appoggia subito il sindacato, all’interno del suo progetto di ricostituzione dell’associazionismo cattolico, ma parte del mondo cattolico vi resta piuttosto indifferente e una buona parte dello stesso padronato cattolico vi è ostile.

Il dopoguerra è un periodo socialmente delicato e il padronato non intende certo fare troppo concessioni al movimento operaio, che deve lottare contro le paghe basse, la durata del lavoro spesso ancora di 54 ore settimanali, le scarse assicurazioni sociali, la resistenza ai contratti collettivi. L’inizio è abbastanza promettente: conferenze, propaganda in varie fabbriche, alcuni movimenti rivendicativi, un congresso operaio a Balerna e uno agrario a Bellinzona, una “cucina operaia” alla fabbrica Tobler a Lugano-Besso (che darà però molti problemi al sindacato), ecc.

Alla fine del 1920 l’OCST conta 621 iscritti (più  424 iscritti alle LOC;  la Cassa Malati Cristiano-sociale conta circa 900 membri), di fronte ai circa 4000 della CdL. Il centro del movimento passa in seguito da Bellinzona a Lugano, dove il segretariato prende sede per poco in via Nassa e in seguito in via Cattedrale. Purtroppo nel 1921 - 22 interviene una grave crisi economica, che colpisce molto i sindacati. I cristiano-sociali, che non sono appoggiati  dal Partito conservatore al governo con i socialisti, non riescono a farsi concedere un sussidio statale, si trovano in grandi ristrettezze finanziarie e devono far fronte anche ad una crisi dirigenziale interna: il segretario cantonale Fridolino Oschger dimissiona nel 1924 ed è sostituito da Pio Meyer l’anno seguente. Così per tutti gli anni Venti l’OCST deve ripiegarsi  in un’azione mutualistica (ufficio di collocamento, Cassa malati, Cassa di deposito, smercio di prodotti agricoli, ecc.).

Le LOC, che a partire dalla metà del decennio cambiano il nome in Leghe Cattoliche dei Lavoratori (LCL), mantengono le loro attività cooperativo-assistenziali. Nel 1927 Il Lavoro deve inoltre cessare la sua pubblicazione per dare spazio al nuovo Giornale del Popolo; le poche attività dei cristiano-sociali sono così riportate dal giornale cattolico La Famiglia. Don Alfredo Leber, in piena crisi del sindacato, nel settembre 1927 è nominato assistente ecclesiastico del movimento. Si cerca di sopravvivere e di mantenere l’ideale e una piccola presenza, in attesa di tempi migliori. Questi ultimi verranno a partire dal 1929, con la nomina del nuovo segretario cantonale nella persona del giovane don Luigi Del-Pietro (1906-1977); inizierà davvero un’”altra storia”, il vero sviluppo dell’OCST.

Primi responsabili e collaboratori dell’OCST e del suo giornale

I sacerdoti don Carlo Roggero, don Francesco Alberti (direttore de Il Lavoro nel 1920), don Pietro Berla (direttore del giornale dal 1921 al 26, don Giovanni Genucchi, don Giovanni Snider. Fra i primi responsabili da nominare Gastone Bernasconi , presidente del comitato cantonale (1922-29), Augusto Banfi (segretario), Enrico Gozzer e Battista Foletti (cassieri),  Francesco Masina, Nicola Locarnini (presidente nel 1920), Plinio Vassalli, Mansueto Pometta (presidente nel 1921), Antonio Egger, Michele Grossi. Fra le donne da ricordare almeno Aurelia Cappello e Adele Sottocasa, che dirigono i sindacati femminili a Lugano e la maestra Rita Poncini. Infine bisogna tenere presente anche i dirigenti delle LOC (Adolfo Janner, Francesco Mismirigo, Giuseppe Fantoni, G.B.Bondietti, ecc.) che  affiancano ancora per vari anni quelli del sindacato, spesso con ruoli direttivi in entrambe le associazioni.

A cura di: Alberto Gandolla


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Le prime organizzazioni operaie in Canton Ticino

A cura di: Alberto Gandolla

A lungo il Ticino è una terra povera, in cui l’agricoltura e la pastorizia costituiscono l’attività principale. Le prime piccole società di operai, basate sulla solidarietà e sul mutuo soccorso, sorgono verso la metà dell'Ottocento. E’ la costruzione della ferrovia del San Gottardo, inaugurata nel 1882,  che contribuisce a cambiare l’economia del cantone: l’agricoltura inizia a declinare - rimane importante fino agli anni Trenta del XX secolo - nascono alcune prime fabbriche, il turismo e altri servizi nei centri. Nella prima fase di organizzazione l'associazionismo operaio in Canton Ticino (primi sindacati: tipografi, ferrovieri, muratori, scalpellini, …) è opera degli immigrati italiani e degli emigrati ticinesi, che all'estero vengono a conoscere realtà sociali più avanzate.

Alla fine dell’Ottocento si formano i primi sindacati di ispirazione socialista e nel 1902 si costituisce la Camera del Lavoro (CdL). Quest’ultima associazione due anni dopo è riconosciuta ufficialmente dallo Stato, e con le sue  federazioni  di fatto esercita fino alla metà degli anni Trenta un ruolo di monopolio nel mondo del lavoro. Importante il ruolo di Guglielmo Canevascini, segretario della CdL dal 1907 al 1922 e poi consigliere di Stato socialista (dal 1922 al 1959).

Le prime organizzazioni cristiano-sociali

L'appello dell'enciclica Rerum Novarum di Leone XIII  (1891) perché i cristiani, condannato il liberalismo e il socialismo, si impegnino nel campo sociale a costituire dei sindacati cristiano-sociali lascia per un po' di tempo indifferente il mondo cattolico ticinese, affaccendato (e diviso al suo interno) soprattutto in questioni partitiche e politiche. Nel 1902 si costituisce un Circolo cantonale di studi politico-sociali, che rappresenta il primo tentativo di un'azione coordinata dei cattolici nel campo sociale e, a partire da quell’anno,  iniziano poi a formarsi le prime Leghe Operaie Cattoliche (LOC) soprattutto nel Locarnese e nel Bellinzonese, per opera di don Carlo Roggero (1868-1938,) e di don Luigi Simona (1874-1968).

Don Simona (il “padre” del movimento cristiano-sociale ticinese ) nel 1906 fonda a Locarno un piccolo primo segretariato operaio stabile, che stampa anche il mensile Bollettino del Bureau Popolare; l’anno seguente il bollettino si rafforza e diventa il quindicinale La Gazzetta del Lavoratore, organo delle LOC, delle Leghe agricole e del segretariato. Il movimento leghista non riesce però a espandersi veramente e mantiene soprattutto un carattere morale-religioso, tipico del popolarismo interclassista cattolico del tempo; vi è però un primo interessante tentativo di  prendere le difese dei lavoratori in nome della fede cristiana.

La fondazione dell'OCST

Durante la guerra la situazione dei lavoratori peggiora notevolmente in tutta la Svizzera, e nel novembre 1918 vi è anche un importante sciopero generale di tre giorni nei principali centri svizzeri. Anche per il Ticino il 1918 è un anno caldo, e nel mese di luglio vi è un breve ma sentito sciopero generale a Lugano. I  dirigenti del movimento cristiano-sociale, pur condividendo le varie rivendicazioni operaie, sia a livello nazionale che a livello cantonale non osano partecipare ai conflitti sociali (giudicati spesso di carattere “rivoluzionario”). 

Sempre nel 1918 a Bellinzona si forma un piccolo gruppo di operai cristiano-sociali - fra i presenti Francesco Masina (1886-1966) uno dei futuri dirigenti del sindacato - e si capisce l’importanza di passare alla fondazioni di veri sindacati di categoria.  Nel 1919 a livello Svizzero si costituisce la Federazione dei Sindacati Cristiano-Sociali e nel canton Ticino nasce ufficialmente l'OCST, con un’assemblea del 18 maggio, che si dà i suoi statuti il 16 novembre a Bellinzona. Sua rivista è Il Lavoro, che inizia la sua pubblicazione nel 1920. Primi segretari sono Fridolino Oeschger, dal 1920 al 1924, e Pio Meyer, dal 1925 al 1928; venuti da fuori dal Ticino, complice il ristagno economico di quel tempo, alcune incomprensioni interne e il monopolio socialista nel mondo del lavoro, hanno vita difficile.

L'OCST negli anni '20  non riesce dunque ad aumentare in modo significativo il suo numero di iscritti e  mantiene soprattutto un carattere mutualistico; nel 1927 Il Lavoro è costretto a cessare la sua pubblicazione, per favorire il nuovo Giornale del Popolo.

La ripresa degli anni Trenta, grazie a don Del Pietro (1906-1977)

Importante per l'OCST è la decisione del vescovo di Lugano mons. Aurelio Bacciarini di affidarne la direzione a don Luigi Del Pietro, che diventa segretario dell'Organizzazione il 1. settembre 1929. Del-Pietro grazie al suo grande carisma e sempre molto fedele all’insegnamento sociale della Chiesa, riesce a rifondare e rilanciare il sindacato, che deve lottare contro l’ostilità dei sindacati di area socialista e anche contro buona parte del padronato (pure di area cattolica) e del mondo “benpensante”.

Gli anni Trenta sono caratterizzati dalla grande crisi economica, che colpisce il Ticino in maniera forte e provoca migliaia di disoccupati.  Nel 1933 riprende la pubblicazione de Il Lavoro e viene aperta la Casa del Popola a Lugano, nuova e più grande sede del sindacato (in precedenza il piccolo ufficio era situato in via Cattedrale 4) . L'OCST alla fine degli anni '30 raggiunge dal punto di vista numerico la Camera del Lavoro e diventa poi il sindacato più rappresentativo in Ticino.

Il sindacato cristiano-sociale si sviluppa grandemente, sotto l’impulso di don Del-Pietro, costituisce numerosi servizi (cassa-malati, cassa-disoccupazione, cassa soccorso e prestiti, consulenza legale, segretariati femminili e agricolo, le colonie marittime e montane Leone XIII, …) e si radica  in modo capillare sul territorio, grazie alla progressiva apertura di  sedi regionali (Chiasso, Bellinzona, Mendrisio, ecc.). In quegli anni Del-Pietro sceglie e si circonda delle persone che saranno a lungo i suoi principali collaboratori: Giovanni De-Giorgi (1911-95), Gianni Nessi (1914-2005), Angelo Pellegrini (1916-93), Agostino Bernasconi (1914-51), Vittorio Toriani (1915-90), ecc. . Negli anni Trenta don Del-Pietro seguendo le direttive del magistero della Chiesa, si entusiasma per il modello corporativo cattolico, un progetto sociale inteso a superare la questione sociale eliminando la lotta di classe e cercando la collaborazione fra capitale e lavoro.

Questo progetto rimane però sulla carta e non riesce a concretizzarsi in casi precisi, e sarà poi abbandonato dopo la metà degli anni Quaranta; da notare comunque che a partire dal 1937 – per iniziativa del sindacato dei metallurgici e orologiai (FOMO) aderente all’USS – in Svizzera iniziano a diffondersi i collettivi basati sulla pace del lavoro. Paradossalmente proprio a partire dalla seconda metà degli anni ’30 l’OCST, guidata da Del-Pietro, comincia a organizzare degli scioperi anche importanti, quando il caso lo esige.

La seconda guerra mondiale (1939-45)

La guerra inaugura un periodo difficile anche per i lavoratori svizzeri, le tensioni non mancano, non vi è una pace sociale assoluta ma vi sono anche alcuni duri scioperi. Nell’autunno del 1940, per iniziativa di Del-Pietro, nasce la Comunità sindacale ticinese (CST), interessante momento di collaborazione concreta con la Camera del Lavoro su singole questioni (CCL, assicurazione cassa-disoccupazione, ecc.). A partire dal 1943 riprende un forte attivismo sindacale, impegnato ad assicurare una migliore protezione del lavoro in vari campi. Segno di questo è il fatto che alla fine del 1944 il parlamento  accetta un messaggio governativo e riconosce finalmente l’OCST, che ottiene un sussidio governativo e l’eguaglianza di trattamento con la CdL. Nei due ultimi anni di guerra importante anche l’aiuto e l’accoglienza che il movimento cristiano-sociale, insieme ad altre forze, dà a molti rifugiati antifascisti italiani. Da segnalare anche la partecipazione sindacale alla generosa “Azione aiuto alla popolazione dell’Alta Italia”, coordinata dalla Caritas diocesana e diretta da Francesco Masina.

Gli anni del boom economico (1950-inizio anni 70)

L’immediato dopoguerra è un altro momento delicato, e pur mantenendo un ideale di sindacalismo di collaborazione e pacificazione, i dirigenti dell’OCST devono condurre molte agitazioni; riprendono dei contrasti, a volte anche duri, con i sindacati legati alla CdL. A partire dagli anni Cinquanta si sviluppa un certo boom economico (lo sviluppo di alcune industrie, l’espansione dell'edilizia, del turismo e dei servizi) anche nel nostro cantone: il Canton Ticino entra nella modernità. Con l'abbondanza dei posti di lavoro, l'installarsi dei ticinesi nel terziario e l'arrivo di molti immigrati nel secondario, l'attività sindacale perde un po' di vivacità. I contratti collettivi si generalizzano in molte professioni. L'OCST aumenta notevolmente di aderenti grazie anche alla sindacalizzazione di molti frontalieri. Si consolidano le istituzioni e i  servizi del sindacato; grazie anche alla pressione dei sindacati si sviluppa lo Stato sociale. Alcune persone aderenti al sindacato cristiano-sociale - continuando una pratica iniziata a partire dal 1936 - si impegnano pure a livello di politica cantonale, ricoprendo anche cariche importanti. Il sindacato si impegna molto nella lotta a favore del miglioramento delle condizioni di lavoro dei lavoratori stranieri, e contro le tendenze xenofobe che  appaiono un po’ in tutta la Svizzera.

La crisi degli anni '70

Proprio negli ultimi anni favorevoli dal punto di vista della crescita economica, l’OCST procede a un importante trasloco: la sua nuova sede è inaugurata nel 1971 in via Balestra 19, sempre a Lugano. Con la crisi economica (1973-75) svanisce l'illusione di un benessere perpetuo e ci si rende conto della gravità anche dei problemi ambientali. Aumenta la disoccupazione, che viene in gran parte esportata (la grande parte dei lavoratori licenziati sono esteri).  Inizia una certa disoccupazione anche per impiegati e docenti ticinesi. Si rafforzano le idee neoconservatrici e del «meno stato»; si verifica una crisi dello Stato sociale. Nel 1977 muore mons. Luigi Del-Pietro, leader indiscusso del movimento cristiano-sociale per quasi 50 anni e grande protagonista della storia ticinese del Novecento.

Gli anni '80

Ci si accorge dei grandi cambiamenti territoriali avvenuti negli ultimi anni: ormai la maggior parte dei ticinesi vive nei quattro agglomerati del cantone; le valli si sono spopolate.
Nel campo economico il Canton Ticino sembra in grado di diventare una regione aperta, di far parte di una nuova realtà transfrontaliera, con interessanti potenzialità nelle industrie e nei servizi. Contemporaneamente sono però rilevate fasce di nuova povertà.
Anche i sindacati ticinesi sono confrontati con dei nuovi grossi temi: nuove tecnologie, flessibilità del lavoro, terziarizzazione crescente, rafforzamento del mercato unico europeo, ecc.; inoltre esistono anche vari problemi sociali (i nuovi poveri, i rifugiati, la xenofobia già iniziata nel decennio precedente, ecc.).
L'OCST tiene il congresso nel 1987, con il motto: rinnovare la solidarietà - costruire la giustizia - con un sindacato che si fa movimento. Meinrado Robbiani diventa segretario cantonale, al posto di Angelo Pellegrini.

I cambiamenti della fine del XX secolo

Anche il Ticino inizia a sentire gli effetti della globalizzazione. Vi è una ristrutturazione, una tendenza alla deregolamentazione, una crisi del lavoro e anche nel nostro cantone aumenta la disoccupazione. Varie industrie tradizionali vanno in crisi e la chiusura  della Monteforno (1994) rappresenta il caso più grave.
Gli ultimi anni del XX secolo portano nuove e gravi sfide al movimento sindacale: profondi mutamenti territoriali, sociali ed economici; fine del fordismo, nuove tecnologie, mondializzazione dell'economia, crisi del lavoro, ecc. Gli anni Novanta sono caratterizzati da una profonda crisi (trasformazione) economica con frequenti fusioni tra grandi ditte per conquistare sempre più nuovi mercati; la disoccupazione colpisce particolarmente il Ticino, che agli inizi del '96,'97 e '98 registra punte di oltre 15mila senza lavoro reali.

L'OCST con i congressi del 1991 e del 1996 cerca di mettere a punto nuove strategie e proposte sindacali, una linea per far fronte ai nuovi problemi. Il sindacato cristiano-sociale si batte contro la deregolamentazione e l'esclusione sociale, si pronuncia a favore di una nuova solidarietà e della necessità di un ostinato dialogo tra partner per un rinnovato patto sociale. La Svizzera decide di non entrare nello Spazio economico europeo, ma nuove prospettive iniziano poi con la firma degli accordi bilaterali  (1999).

Questioni attuali all’inizio del nuovo secolo

Siamo ormai in piena globalizzazione. Finisce la storica collaborazione con la cassa malati CSS.  Il sindacato, tramite anche i suoi congressi del 2000, 2005 e 2010, deve ristrutturarsi, riprogettare il suo cammino e far fronte alle nuove situazioni: nuovi impegni, un  forte impulso nel settore della vendita, lotta contro il lavoro atipico e precario, lotta e impegno contro la disoccupazione e la “riorganizzazione” dei servizi pubblici, ecc. La responsabilità sociale dell’impresa e dell’economia, insieme al primato del lavoro, vengono fortemente ribaditi. Il Ticino, regione di frontiera, deve reagire contro gli effetti negativi degli accordi bilaterali. L’OCST anche in questi difficili tempi ribadisce la centralità del lavoro, la sua volontà di dialogo sociale e di forte difesa e mobilitazione dei lavoratori.

A cura di: Alberto Gandolla

 

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